Musica come. Musica dove

Conosco molti tipi di appassionati di musica. E molti di riproduzione musicale. Spesso assolutamente incompatibili tra loro. Spesso straordinariamente complici nell’offrire deliziose esperienze.
Se è vero che la musica fa parte della nostra vita, che per qualcuno rappresenta la vita stessa, ognuno di noi vive la musica in un modo diverso. Ho avuto la fortuna di avere molti amici musicisti. A tutti i livelli. Dallo strimpellatore domenicale, al busker, fino al genio che ha diretto orchestre, scritto opere classiche, pop, jingle per spot e colonne sonore, eseguito concerti pianistici, partecipato a tournée con big della musica italiana e programmato tastiere elettroniche. E nel mezzo, straordinari quanto stratificati, variegati, intensi e apprezzati professionisti della musica, jazzisti, rockettari, classici e, perché no, insegnanti e stimati professionisti di altri settori, da primari a manager, da ingegneri a sportivi, che si trasformano nei weekend in valenti, e spesso sorprendenti, musicisti.

Alla base di tutto c’è l’incredibile versatilità del linguaggio musicale. Non è difficile comprendere come pagine anche complesse possano essere “vissute” da ognuno di noi in modo personalissimo. A molti il jazz non piace. In realtà parla un linguaggio difficile, ostico, complesso. Una volta compreso però, si scoprono costruzioni ed armonie deliziose nella loro complessità. Ma si può rimanere in superficie e cogliere solo la parte “esteticamente lucente”. Molti trovano la musica classica ripetitiva e noiosa. Ma occorre una certa cultura “storica” per capirne strutture, calarla nel proprio tempo e spazio e godere degli aspetti salienti. Tanti non capiscono trap, hip-hop o urban. Ma occorre essere adolescenti nel 2022 per “sentire” questo tipo di messaggio musicale. Certo, capire non vuol dire essere “presi”. Ascoltare con curiosità non vuol dire “innamorarsi” di una pagina musicale. La “bellezza è negli occhi di chi guarda”, diceva Oscar Wilde. La bellezza di un brano musicale è nelle orecchie, ma in realtà, mi permetto di aggiungere, è nell’anima di chi ascolta.

Nell’anima, certo, perché la musica trasmette sensazioni, emozioni, concetti e messaggi spesso scavalcando l’aspetto razionale di chi ascolta. I musicisti possono discutere un milione di anni su un solo di chitarra, se si basa solo sulla pentatonica, oppure su che violino sta suonando quel solista o quale tipo di catena di effetti usa Gilmour nei suoi soli. O possono passare anni della propria vita a trascrivere i soli di Miles Davis o Chet Baker. O ancora, riflettere sull’intreccio armonico di un’orchestra europea rispetto ad una americana. Sono tecnicismi necessari per creare il giusto messaggio ma mai fini a se stessi perché la musica vince sempre. La sensibilità di ognuno, una sensibilità basata su esperienza, cultura, preparazione musicale, ma anche sulla capacità personale di ascoltare e seguire melodie, armonie e loro implicazioni, vince sempre e permette alla musica di penetrare nell’anima in un modo differente rispetto al resto degli ascoltatori.

Per ognuno di noi, la musica ricopre un ruolo più o meno importante. E ognuno di noi è colpito, attratto, affascinato da pagine musicali o da “combinazione armonica di suoni”, più o meno consapevolmente in momenti ed in luoghi estremamente diversi. Qualcuno riesce a ricordare il suono di quella chitarra, in quel posto, in quel momento, durante l’esecuzione di quel brano. Molto più facile è ricordare il proprio stato d’animo, il godimento, il piacere, la serenità, la passione, l’entusiasmo piuttosto che il disturbo, la noia, il fastidio o l’indifferenza di quel momento, di quella esperienza. Che ci si trovi poi in un teatro ad ascoltare una orchestra, in uno stadio per un concerto rock, in un club per un quartetto jazz, in strada con un gruppo di busker o in balera con un’orchestra-spettacolo, poco conta. Ciò che conta è come ci si sente in quel frangente e il piacere che ne deriva.

Come capita per un profumo, una sensazione, uno stato d’animo, un’esperienza vissuta può essere evocata da un’aria musicale o dalla riproduzione del suono di uno strumento. Mille volte capita di ascoltare un brano e fermarsi a pensare a ciò che questo brano rappresenta per la nostra esperienza. Il suono, poi, contribuisce a rafforzare la capacità evocativa della musica. Vero che l’armonia musicale trascende dall’esecuzione ma spesso, nell’ascoltare musica, i suoni diventano un ulteriore elemento distintivo. Il flauto di Pan nella colonna sonora di “C’era una volta in America”, il glockenspiel nella “Danza della Fata Confetto” di Tchaikovsky, la Stratocaster di Gilmour in “Comfortably Numb” sono suoni inequivocabili, ma sempre e comunque al servizio della musica. Così come la voce di un interprete. O la lingua in cui un brano viene eseguito.

La riproduzione dei suoni è un ulteriore elemento in grado di “toccare” l’animo dell’ascoltatore nell’ascolto della musica. È un elemento a cui siamo particolarmente sensibili. Come i musicisti sanno apprezzare linguaggi, scale e armonie, molti di noi apprezzano le doti di precisione dei dispositivi con cui la musica viene riprodotta. Alla ricerca di una fedeltà ai suoni originali ma, in fondo, alla ricerca di quelle emozioni, di quelle sensazioni che musica, esecuzioni e suoni sanno trasmettere e che possono essere con serenità offerti in diversi momenti ed in diverse occasioni.

Così, fischiettando quell’aria che mi gira per la testa, penso a come poterla ascoltare. E goderla. Al meglio, apprezzandone tutti gli aspetti che concorrono ad offrirmi le sensazioni che so riesce ad evocarmi. Dove? Dovunque. L’importante è riuscire ad apprezzare al meglio il “sapore” della musica. In treno o in aereo, con un DAP ed una cuffia. Sul ponte o in una cabina di un’imbarcazione con un impianto marine. In un appartamento, con un impianto hi-fi. Nell’abitacolo di un’auto, con un impianto car hi-fi. Scegliendo di dare, ad ognuno dei componenti della mia ricerca del godimento che la musica sa offrire, il giusto peso. Considerandone al contempo i limiti. Così scelgo l’esecutore, la versione, l’incisione. Così scelgo l’ambiente, l’impianto, i componenti. E soprattutto, scelgo la musica. La mia musica.
Senza lasciare che i limiti delle parti che compongono il mio fruire della musica vadano a vanificare la voglia di sensazioni che la musica può suscitare nell’anima.

Rocco Patriarca